lunedì 26 febbraio 2018

Lettera aperta in risposta a Paolo Gentiloni

Prati, Quasi 2020.

Illustrissimo Paolo Gentiloni Silveri (y Azevedo)

Ho ricevuto con molto piacere la sua lettera di indicazioni per il voto del 4 marzo.  Mi dispiace che lei abbia "sottratto tempo all' attività di Governo per dedicarsi alla campagna elettorale" per informarmi della sua attività in vista del voto. In fondo, però, questo fastidio di recarsi alle urne avviene sempre più raramente. Questo banale  esercizio democratico che, diciamocelo, francamente più il tempo passa e più ci sta antipatico. Tanto che cambia? Alzarsi la mattina, di domenica poi! cercare la scheda elettorale "Chissà dove sarà finita ?" e le file. 
Senza parlare poi dei "Mercati" che ogni volta che ci rechiamo alle urne, non solo noi italiani, tremano e rischiano di portarci verso un' instabilità del Paese che provocherebbe danni irreparabili. Come abbiamo potuto vedere in questo caso italiano, In questo inglese
Forse ha ragione il suo predecessore Mario Monti, alcune scelte vanno tenute al "riparo dal processo elettorale". 

Sono molto contento di sapere che anche Lei "abita qui da una vita, quasi sessant'anni." Per limiti anagrafici io ci abito da quasi 34, prima ci hanno abitato i miei genitori e prima ancora i miei nonni, per una quota complessiva di 70 anni. In questo siamo quasi simili, se posso osare paragonarmi a Lei. Ho anche avuto l'onore di amministrarlo questo territorio, sono stato eletto nelle fila del Partito Democratico nel 2008, sulla scia delle buone amministrazioni del Sindaco Rutelli e del Sindaco Veltroni, sfruttando quell'onda lunga di entusiasmo che la nascita del Partito Democratico che Lei, come me nel mio piccolo, ha contribuito a fondare.

Con piacere leggo che anche Lei ricorda quel meraviglioso periodo, in cui "Ha lavorato per sette anni al Comune di Roma come Assessore al Giubileo Straordinario del 2000" sono passati più di vent'anni, ricorDA come il Mondo era diverso?
Per il Comune Roma furono stanziati  2.578 miliardi di lire (che buffo c'era ancora la lira...)in euro sarebbero 1331425309.56 (ho fatto il conto con la calcolatrice che mi inviò sempre un suo predecessore e che conservo con cura).
 Si legge 1,3 miliardi di euro.
Tutti a debito, ma che grande volano per la città! Come giustamente anche Lei scrive. Bei tempi quelli in cui si potevano fare investimenti pubblici a DEBITO, per stimolare l'economia di un Paese, di una Città, oggi non è più così.
Oggi come lei ci ricorda "sentiamo in giro molte promesse mirabolanti, non c'è da fidarsi, Italia sta lasciandosi alle spalle la più grande crisi del dopoguerra, guai a buttar via i primi risultati ottenuti con il sacrificio degli italiani".

Ha ragione Santissimo.
I sacrifici che "abbiamo" fatto in questi anni sono tantissimi: Abbiamo accettato di essere esodati, di essere precarizzati sul lavoro, di dover partire e patire per trovarlo e se per caso lo avessimo trovato di guadagnare pochi euro l'ora, sempre più convinti di non essere riusciti a salire sul treno della globalizzazione (però almeno potevate dirci l'orario e il binario), di essere i perdenti, gli svogliati, i bamboccioni, i corrotti, di essere puniti perché in fondo lo meritavamo. Abbiamo accettato di avere un accesso alla sanità sempre più vacuo e indistinto, abbiamo visto chiudere i nostri ospedali. Abbiamo accettato di non avere prole, perché non potevamo permettercelo. (che paradosso, anche la prole per il proletario sembra diventato un lusso).  
Abbiamo accettato di vederci espropriarti i nostri risparmi in banca, di farci prendere le impronte digitali per rinnovare la carta d'identità. Abbiamo accettato di prolungare questo supplizio nel tempo, aumentando la nostra età pensionabile.
Abbiamo accettato di perdere. Di non lottare, perché tutto doveva rimanere stabile. 

Mi permetto di ricordarLE i nostri sacrifici, perché, forse, di sconfitte Lei non se ne intende molto. I suoi nobili natali l'hanno resa un predestinato, un vincente per definizione, tifa pure Juve!. Lei è L'uomo perfetto per il Governo.

Devo confessarLE però che questa volta mi reco alle urne con qualche perplessità in più. Ho parecchie domande che mi ronzano per la testa alle quali fatico a darmi delle risposte, oppure  trovo delle risposte, ma nel mio intimo mi fanno paura, perché rinnegherebbero il mio impegno politico in questi ultimi 10 anni.
Lei, Chiarissimo, mi scrive che "L'Italia ha alle spalle la più grande crisi del dopoguerra" e io mi pongo alcune domande:
Come il fallimento di alcune banche oltreoceano ha potuto generare una crisi mondiale?
I frutti dei sacrifici che stiamo facendo chi li sta raccogliendo?
E' veramente giusta una società che prevede vincitori e vinti?
Possiamo solo limitarci a sostenere chi perde senza lottare?
Gli Italiani sono veramente incapaci di governarsi da soli senza vincoli esterni?
Alcune risposte le ho trovate tra gli intellettuali di sinistra, e in un testo scritto da un candidato della Lega, tale Alberto Bagnai
Nella Sua lettera mi pare di non scorgerle. Sicuramente una mia svista.
Quando ho dei dubbi, vado alla radice e ricordo sempre uno dei cinque insegnamenti di mio nonno.
Mio nonno, che era di Napoli ed aveva conosciuto la "miseria", mi diceva sempre: "Francè puoi votare a destra, a sinistra, al centro, poi essere comunista, democristiano, meglio se diventi socialista. Qualunque cosa. Ma mai, mai, votare per uno che c'ha il doppio cognome. Tu sei nato popolo." 
Scusa le volgarità eventuali.





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